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Big Data, cosa sono e come gestirli

Ma cosa sono i Big Data? Le informazioni che ogni giorno forniamo ai social, o scaricando qualche app, sono sempre di più l’oro del domani a cui guardano diverse aziende. Ogni minuto infatti nel mondo si effettuano 4 milioni di ricerche su Google, vengono inviati 200 milioni di mail, si postano 200 mila tweet e vengono condivisi 2,5 milioni di contenuti su Facebook. Cosa avrete mai tanto da dirvi?

Parliamo di un’enorme flusso di dati che possono essere utili a capire usi e consumi degli utenti e anticipare le aspettative dei cyber-utenti. I Big Data faranno senza dubbio la differenza nel futuro delle comunicazioni e nel marketing.

A tutti i livelli. I Big Data altro non sono che un grande volume di dati, strutturati e non strutturati. Il 90% di questi sono stati prodotti negli ultimi due anni e continuano a crescere in modo esponenziale. La loro importanza non sta nelle dimensioni, ma l’utilizzo che se ne fa e la rispettiva analisi. All’interno infatti possono contenere informazioni preziose per diverse aziende le quali, ottienendole, possono strutturare meglio il loro business e le mosse di mercato: migliorare la customer experience, ottimizzare le decisioni e la politica tariffaria, migliorare la gestione dei rischi. Le potenzialità sono enormi.

La crescita del settore è dimostrata da quella dei data cloud per contenerli.

Ad esempio nel 2019 il 20% della spesa tecnologica mondiale delle aziende è stata indirizzata al cloud, ossia 233 miliardi di dollari su circa 1,5 mila miliardi. In particolare il mercato dei Big Data in ambito sanitario. Ce lo espone bene una ricerca di Statistica consultabile QUI. Nel dettaglio la ricerca sottolinea come, complice anche la pandemia, nel 2025 il mercato potrebbe raggiungere i 70 miliardi annui. Nel 2016 erano appena 11 miliardi.

Le problematiche sono enormi ed evidenti, a partire dalla protezione dei dati personali alla protezione del diritto d’autore (ne avevamo scritto QUI). Ma a soffrire è anche l’ambiente. Google stesso ha dichiarato che ogni ricerca emetta circa 0,2 grammi di CO2 nell’atmosfera, caricare un video su YouTube un grammo di carbonio ogni 10 minuti di visualizzazione: l’energia necessaria per alimentare i cavi, i router e i server non si crea per magia. E i data cloud in questo sono ‘maestri’ nel farla sparire.