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Inno nazionale, storia e identità

Siamo nel pieno degli Europei di calcio, attività sportiva che spesso contribuisce in modo determinante a far risuonare e cantare il nostro inno nazionale, normalmente relegato agli eventi istituzionali (sulla competizione sportiva ne avevamo parlato anche qui:). L’inno però, unitamente ai simboli nazionali come la bandiera, ha una funzione sociale importante. Non sorprende allora che lo stesso diritto positivo si preoccupi di disciplinare ciò che deve essere suonato e cantato.

 

Non vi è dubbio che si tratti di un’abitudine europea, diffusasi poi in tutto il globo. Lo dimostra il fatto che tutti gli inni nazionali sono redatti secondo il linguaggio tonale, eredità della tradizione musicale europea. Frutto dell’elaborazione teorica della musica nel vecchio continente. L’inno serve a creare unità sociale e nazionale, creare condivisione e senso di appartenenza. È per questo che, normalmente, viene creato ex novo in occasione di un periodo importante per l’unità politica o culturale di un paese.

 

Le curiosità non mancano. A partire dal nostro inno.

Il Canto degli italiani, più noto come ‘Inno di Mameli’ è composto dalla melodia scritta dal musicista genovese Michele Novaro, mentre il testo fu scritto nel 1847 da Goffredo Mameli, un poeta genovese di nemmeno vent’anni, il quale morì durante l’impresa garibaldina della repubblica romana (1849).

 

A tutti è nota la prima parte, mentre la seconda (che potrà essere letta sul sito del Quirinale a questo link:), contiene moltissimi elementi dotti della storia nazionale e qualcosa… della Polonia. Anche il popolo slavo cercava fortemente l’indipendenza e Mameli non potè fare a meno di citare i ‘fratelli’ della Giovane Europa. Venne usato ufficialmente solo nel 1946, dopo la proclamazione della Repubblica, come inno provvisorio. Nel 2017 è stato definitivamente scelto come inno nazionale.

 

Anche la Marsigliese, al contrario di quello che si pensa, venne ideata da un militare monarchico accorso da Marsiglia a Parigi nei giorni della Rivoluzione, Claude Joseph Rouget de Lisle, il quale era favorevole all’introduzione di una Costituzione, ma non certo alla brutale fine della monarchia. Di eventi storici parla anche Flower of Scotland, che omaggia la battaglia di Bannockburn, una delle più importanti e celebrate della storia scozzese. Mentre La Marcha Real spagnola è uno dei pochissimi inni senza un testo: avendo l’abitudine ogni re di modificarlo, alla fine fu lasciato…incompleto.

 

O ancora La Brabançonne, inno cantato in un caffé dei Paesi Bassi nel 1830 che, si dice, infiammò talmente gli uditori che portò all’indipendenza del Belgio. Interessante anche la storia dell’inglese God save the Queen: fu ispirata a una canzonetta del Settecento ed ebbe talmente successo che fu usata perfino da altri stati: nella Germania fino al 1918, o il regno delle Hawaii. Fino ad oggi, costituendo la melodia dell’inno del piccolo Liechtenstein.